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Bartolozzi "scudata" da Nordio: "Le scelte erano mie". Il sogno Colle, le liti, il rebus dell'immunità estesa

Bartolozzi "scudata" da Nordio: "Le scelte erano mie". Il sogno Colle, le liti, il rebus dell'immunità estesa

Il racconto

Le frizioni con il Colle, la promessa "ministro un giorno ti porto al Quirinale", le perplessità di Mantovano prima della sua nomina fino al caso Almasri. E i funzionari ora dicono: "Se scudano lei si crea un precedente"

Roma. Come capo di gabinetto è sprecata. Perché solo Nordio può avvalersene? Il governo Meloni che vuole tutelare Giusi Bartolozzi (e lo vuole) la promuova alla guida dell’Ente “Faccio tutto io” o alla struttura tecnica del Pnnr. Telefona al ministro “quaranta volte al giorno”, scrive a quattro mani i comunicati di Nordio, come l’ultimo, questo, “ritengo puerile ipotizzare che il mio capo di gabinetto abbia agito in autonomia” e “ribadisco che tutte, assolutamente tutte, le sue azioni sono state esecutive dei miei ordini. Mi assumo la responsabilità politica e giuridica”. Sentono ancora dire a Bartolozzi: “Ministro, ti porterò al Colle e io, se tu vorrai, farò il segretario generale”. Nell’attesa gli ha messo contro il Colle, i cuochi del Colle, i giardinieri del Colle. Uno scollinamento.

Si sono conosciuti nel 2018, grazie al Corriere della Sera, grazie a un articolo critico di Gian Antonio Stella che parlava del compagno di Bartolozzi, Gaetano Armao, e da allora sono inseparabili. Se non ci fosse il codice e il caso Almasri sarebbe una storia per Anatole France. Bartolozzi vede in Nordio l’editorialista Nordio, l’ultimo dei garantisti, il solo che possa comprendere il suo caso. Lo cerca attraverso la Fondazione Einaudi, gli scrive. Lui, Nordio che ama la polemica, che è il pane dell’intelligenza, risponde a quel bisogno. Lei. Prende il primo treno per Treviso. Lui. Scopre che con una donna così si può sollevare il mondo della magistratura o farlo precipitare. Siamo alla fase precipizio. E non solo per le esondazioni delle toghe. Meloni lo nomina ministro della Giustizia, e Bartolozzi, il giorno dopo, si presenta, alle nove di mattina, al ministero, per accompagnare al parcheggio l’ex capo di gabinetto di Marta Cartabia. Così, tanto per segnalare la novità e chi comanda.

Si procede alla nomina di Alberto Rizzo, capo di gabinetto di Nordio, uno sventuratissimo che andrebbe risarcito per danni biologici (c’è chi lo ha visto in montagna tipo i pazienti di Thomas Mann) e Bartolozzi dovrebbe fare la sua vice, ma una Bartolozzi non è un Rizzo. E Rizzo, purtroppo, non è neppure un quarto di Bartolozzi. Cosa fa Bartolozzi? Si cuce il decreto di nomina a misura, primo caso nella storia della Repubblica dove il vice conta più del capo così come sarebbe (?) la prima volta dello “scudo”, di cui tanto si parla, che dovrebbe tutelarla. La domanda dei funzionari dei ministeri, e non solo della Giustizia, in queste ore è la seguente: “Se viene scudata Bartolozzi perché non dovremmo essere scudati anche noi in futuro? Si crea un precedente”. Dicono al governo che nessuno “scaricherà Bartolozzi” perché i dazi non sono solo quelli di Trump e perché, se consentite, una così, ha ragione Nordio, “è bravissima. Fa tutto lei”. Angelo Bonelli scrive a Nordio e chiede l’accesso agli atti per il caso Cospito, vuole avere i documenti di cui è venuto in possesso Delmastro, e ricorda Bonelli: “Mi vedo arrivare la lettera di Giusi Bartolozzi, a sua firma”. Ma chi aveva dato gli atti a Delmastro? Per settimane il sottosegretario di FdI, che già si leccava i baffetti nel leggerli, li chiede a Rizzo che esita fino a quando Bartolozzi alza il telefono (è la sua bacchetta di sambuco come per Harry Potter) e ordina: “Mandali, ora! Subito”. Fermiamoci qua. E’ meglio.

Quando lo sventurato Rizzo comunica al ministro che o lascia o sviene, Nordio, comprensivo, va da Mantovano a comunicare la notizia e gli anticipa che avrebbe tanto piacere a nominare Bartolozzi, che è “bravissima, fa tutto lei”. Mantovano, da adorabile apostolo della pace, raccontano suggerisca, sempre amabilmente, che forse si potrebbe promuovere Luigi Birritteri del Dag, ma naturalmente è un’idea, amabilmente. Lo viene a sapere Bartolozzi e “fa tutto lei”. Meglio tenersi ancora Rizzo, far esplodere Birritteri e poi: via Rizzo e Birritteri. Inutile dire chi resta. Finirà così. In quei mesi quest’altro sventurato di Birritteri risponde ai rilievi del Colle, del segretario generale Ugo Zampetti, che telefona (e telefona) a ogni sgorbio, sgorbi accentuati dall’energia di Bartolozzi, perché “ministro dobbiamo fare vedere chi siamo”. Anche il Colle lo fa vedere.

Bartolozzi si occupa di tutto, di Almasri, spedisce mail a raffica, ovviamente di richiamo, a un intero ministero, segue l’ordinaria amministrazione (fa anche la spesa; l’abbiamo vista sotto il giornale). Quel giorno disgraziato di Almasri potrebbe coinvolgere il capo del legislativo, ma Bartolozzi “è bravissima, fa tutto lei”. A che serve? L’agenda del ministro? Chi la tiene? Lei. Cesare Parodi dell’Anm a Radio Anch’io scollina, prefigura un eventuale processo con conseguenze. Come reagire? Occorre un comunicato di Nordio che prepara Bartolozzi perché anche nella savana Bartolozzi “fa tutto lei”. Forse va in ferie. Eh no, qui la magistratura non c’entra e neppure un suo eventuale disegno. Ha fatto davvero tutto lei, Bartolozzi. Qui c’è solo un capo di gabinetto che al di là del caso Almasri ha pensato di governare un ministero con il punto esclamativo “ora!”, “subito!”, basta!”, di farne il suo orto. All’inizio del governo Meloni l’Italia intera, compresa la sinistra, ha applaudito la nomina di Nordio, questo giurista dalla penna incantata, ne apprezzava l’umore e il sorriso. Ma oggi? Bartolozzi verrà tutelata ma chi protegge Nordio da chi già lo chiama, “il capo di gabinetto della ministra Bartolozzi”? Anche il bene a volte può soffocare. Perché lasciarlo maltrattare? L’iper produttività di Bartolozzi andrebbe premiata, con un incarico ben più alto, e Nordio tornare ai suoi classici, alle riforme, e all’aperitivo. Questa sì: sarebbe giustizia.

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